Donald Trump ha firmato ieri un ordine esecutivo che sancisce la nascita di una nuova entità americana di TikTok, valutata 14 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra ben distante dalle valutazioni miliardarie con cui ByteDance, la casa madre cinese, è solita stimare se stessa.
L’ordine arriva in applicazione della legge del 2024, che aveva imposto la vendita delle attività statunitensi della popolare app di video brevi o, in alternativa, la sua chiusura entro gennaio 2025.
Il presidente ha spiegato di aver trovato un’intesa con Xi Jinping. “Ho parlato con il presidente Xi”, ha detto Trump. “Abbiamo avuto una buona conversazione, gli ho spiegato cosa stavamo facendo e lui mi ha detto di andare avanti”. Un passaggio che, al di là della dimensione politica, certifica l’ingresso in una fase molto delicata: da un lato la continuità operativa di TikTok, dall’altro la necessità di rassicurare gli utenti americani sulla gestione dei loro dati.
Trump ha sottolineato il valore politico e simbolico della mossa. TikTok, che conta 170 milioni di utenti negli Stati Uniti, secondo lui è stato anche un fattore decisivo per la sua rielezione, tanto che il presidente ha aperto un proprio profilo personale seguito da 15 milioni di utenti. Anche la Casa Bianca, nel frattempo, ha inaugurato un account ufficiale per presidiare la piattaforma.
TikTok e il nodo dell’algoritmo
Il punto più delicato della trattativa resta l’algoritmo di raccomandazione, il vero cuore del successo di TikTok. Secondo quanto stabilito dall’ordine esecutivo, l’algoritmo sarà riaddestrato e monitorato dai partner di sicurezza americani, e la sua gestione ricadrà sotto il controllo della nuova joint venture.
In altre parole, l’infrastruttura che determina cosa vedono gli utenti statunitensi dovrà essere sottoposta a un processo di “americanizzazione”, con un occhio alla privacy e alla protezione dei dati. Il che, ci offre lo spunto per un approfondimento che contiamo di fare a breve sula nostra pagina Substack.
Va poi detto che i media cinesi (ci riferiamo a LatePost e Caixin) hanno offerto venerdì scorso una narrazione diversa, parlando di un ruolo ancora significativo di ByteDance nella futura struttura, con responsabilità operative che andrebbero ben oltre la semplice cessione.
Tra le ipotesi riportate, anche la creazione di una nuova entità americana di TikTok che riceverebbe parte dei ricavi generati dalla joint venture statunitense. Entrambi i report, va però ricordato, sono stati rimossi dai rispettivi siti più tardi nella stessa giornata. Secondo CNBC, invece, tra gli investitori pronti a entrare ci sarebbero anche Oracle, Silver Lake e la società MGX di Abu Dhabi, con una quota combinata del 45%.
Gli investitori in campo
Sul fronte finanziario, l’accordo prevede l’ingresso di un gruppo di investitori americani di primo piano. Oracle e il fondo di private equity Silver Lake avrebbero già definito la partecipazione, che si aggira intorno al 50%. Una quota ulteriore sarà riservata ad altri investitori, tra cui figure di spicco come Michael Dell e Rupert Murdoch, mentre ByteDance dovrebbe scendere sotto il 20% per rispettare i requisiti imposti dalla legge statunitense.
Come anticipavamo in apertura, la valutazione di 14 miliardi di dollari ha sollevato non poche perplessità: ByteDance si attribuisce infatti un valore superiore ai 330 miliardi grazie al piano di riacquisto azioni per i dipendenti, mentre alcuni analisti stimavano TikTok tra i 30 e i 40 miliardi di dollari già senza algoritmo.
Un divario che mette in luce quanto la trattativa sia guidata più da logiche politiche che di mercato.
Un affare politico oltre che tecnologico
L’accordo su TikTok non è solo una questione industriale o tecnologica ma un’operazione che tocca direttamente i rapporti di forza tra Stati Uniti e Cina.
Da un lato, l’amministrazione Trump intende mostrare agli elettori di aver protetto i dati degli americani e ridotto l’influenza di Pechino su una delle piattaforme più popolari al mondo. Dall’altro, la Cina sembra voler mantenere un ruolo nel futuro della società, confermando la natura ibrida di un’operazione che difficilmente potrà essere presentata come un “taglio netto”.
Non a caso, alcuni deputati repubblicani hanno chiesto chiarimenti sul funzionamento effettivo della nuova struttura. “Quando i dettagli saranno definitivi, dobbiamo assicurarci che questo accordo protegga gli utenti americani dall’influenza e dalla sorveglianza di gruppi legati al Partito Comunista Cinese”, hanno dichiarato Brett Guthrie, Gus Bilirakis e Richard Hudson.
In gioco non c’è solo il destino di un’app ma l’equilibrio tra tecnologia, geopolitica e mercato. TikTok si conferma così il simbolo più potente della nuova guerra fredda digitale: un’app capace di condizionare l’informazione, la cultura e persino la politica, ora al centro di un affare che mette in discussione chi controlla i dati e chi decide cosa dovranno vedere milioni di cittadini americani ogni giorno.


