Un accordo per garantire la permanenza di TikTok negli Stati Uniti sembra essere all’orizzonte.
O almeno, questo è quanto ha affermato Bill Ford, CEO di General Atlantic e membro del consiglio di amministrazione di ByteDance, durante un evento organizzato da Axios a Davos, in Svizzera.
“Sì, l’accordo si farà. È nell’interesse di tutti”, ha dichiarato Ford, lasciando poi intendere che le trattative potrebbero concludersi già entro la fine della settimana.
C’è però un dettaglio non da poco: questo processo coinvolgerebbe non solo ByteDance, la società madre di TikTok, ma anche i governi di Cina e Stati Uniti, rendendo il quadro particolarmente complesso.
L’accordo, secondo Bill Ford
L’urgenza di una soluzione deriva dall’ordine esecutivo firmato dall’ex presidente Donald Trump, che concede a ByteDance 75 giorni per trovare un acquirente o riorganizzare la gestione di TikTok negli Stati Uniti.
L’intento è trovare una possibile soluzione che garantisca la permanenza di TikTok negli Stati Uniti e, al contempo, mitigare i timori legati alla sicurezza nazionale, preoccupazione principale delle autorità americane per via della gestione dei dati sensibili degli utenti statunitensi.
Al momento dell’ordine, però, ByteDance non aveva avviato alcuna negoziazione con potenziali compratori, lasciando sospeso il futuro di TikTok negli USA.
Ford ha sottolineato come tutte le parti interessate – governo cinese, governo americano, ByteDance e il consiglio di amministrazione – debbano trovare una soluzione condivisa.
Tra le possibilità al vaglio vi sarebbero opzioni alternative alla cessione completa della piattaforma.
Scontro tra superpotenze
Secondo Ford, una parte della responsabilità del prolungarsi della crisi ricade sull’amministrazione Biden, accusata di non aver avviato un “dialogo reale” con ByteDance per risolvere la questione.
Tuttavia, la complessità della situazione risale anche ai tentativi dell’amministrazione Trump di bandire TikTok negli ultimi giorni del suo mandato, prima di fare marcia indietro durante la recente campagna elettorale.
In questo intricato contesto si inserisce però un attore fondamentale: il governo cinese.
La Cina ha già dimostrato di non voler cedere facilmente il controllo su tecnologie strategiche come l’algoritmo alla base di TikTok, imponendo restrizioni sulle esportazioni di tali strumenti.
Ciò rende le trattative non solo una questione economica, ma appunto anche geopolitica.
La Cina al tavolo e il nodo geopolitico
Il coinvolgimento diretto del governo cinese complica però le trattative. La sua presenza alimenta i dubbi sull’effettiva indipendenza dell’azienda, quasi confermando a Washington che TikTok è effettivamente un potenziale veicolo per l’accesso a dati sensibili degli utenti americani.
Pechino d’altro canto vede con diffidenza le pressioni di Washington per una cessione forzata e la sfida sarà trovare una soluzione che tuteli gli interessi americani, senza far apparire Pechino come subordinata alle richieste occidentali.
Soluzioni alternative, come la creazione di una divisione separata per gestire TikTok negli Stati Uniti, potrebbero rappresentare una via di mezzo ma il processo negoziale richiederà tempo e pazienza.


