Mark Zuckerberg torna a far discutere. In un’intervista di tre ore con Joe Rogan, il CEO di Meta ha scosso il panorama mediatico ammettendo errori rilevanti nel modo in cui la sua azienda ha gestito la moderazione dei contenuti negli ultimi anni.
Un’autocritica che arriva in un momento storico particolare: mentre Donald Trump si prepara a tornare alla Casa Bianca, Meta sembra allinearsi a una nuova visione sulla libertà di espressione, spingendosi fino a smantellare i suoi programmi di diversità, equità e inclusione (tema che approfondiremo a breve).
Il mea culpa di Zuckerberg
“The Joe Rogan Experience” è un podcast video, oltre che audio. È disponibile in formato video su Spotify, che ha acquisito i diritti esclusivi del programma nel 2020, rendendolo una delle partnership più remunerative nella storia dei podcast. Prima di questa acquisizione, gli episodi video erano disponibili su YouTube.
Il podcast è noto per il suo formato lungo e le interviste approfondite, durante le quali Rogan discute una vasta gamma di argomenti con ospiti che spaziano da comici e atleti a scienziati, politici e imprenditori come Mark Zuckerberg.
In questa sede, il buon Mark non ha risparmiato critiche, né a se stesso né al sistema che lo ha spinto a prendere decisioni controverse.
Ha raccontato di come l’amministrazione Biden avesse esercitato forti pressioni su Meta per censurare contenuti legati ai vaccini anti-COVID-19, talvolta con toni intimidatori e richieste paradossali.
Tra gli episodi citati, uno in cui i funzionari avrebbero chiesto la rimozione di un meme ironico con Leonardo DiCaprio, una richiesta a cui l’azienda si è opposta.
Il CEO di Meta ha anche ammesso di essere stato troppo compiacente con le narrative dei media tradizionali, convinto che la disinformazione sui social avesse influenzato le elezioni del 2016 a favore di Trump.
“Il nostro processo di fact-checking sembrava uscito da 1984”, ha affermato Zuckerberg, riferendosi al celebre romanzo distopico di George Orwell. “Abbiamo perso la fiducia degli utenti, specialmente negli Stati Uniti.”
Un tempismo non casuale
Questa svolta di Zuckerberg arriva proprio mentre Donald Trump si prepara a riprendere le redini del potere, un dettaglio che non è passato inosservato.
Le nuove politiche di Meta prevedono un allentamento della moderazione dei contenuti, aprendo la porta a discorsi che fino a poco tempo fa sarebbero stati considerati inaccettabili.
La decisione ha suscitato reazioni contrastanti e sembra strizzare l’occhio a una base conservatrice in crescita, che ha spesso accusato i social network di censura ideologica.
L’indiretto elogio a Musk
Zuckerberg ha anche elogiato il sistema di “community notes” adottato da Elon Musk a X, suggerendo che i creatori di contenuti sui social media stanno diventando i nuovi arbitri della verità, al posto dei governi e dei media tradizionali.
Ma questa transizione verso una maggiore libertà di parola si scontra con i rischi di una piattaforma che potrebbe amplificare nuovamente la disinformazione e l’odio.
Dietro il ravvedimento di Zuckerberg, molti vedono una strategia calcolata.
Il clima politico statunitense, con il ritorno di Trump, potrebbe aver spinto Meta a posizionarsi diversamente, evitando di essere vista come un attore ostile da parte della nuova amministrazione.
Resta da vedere se questa nuova fase riuscirà a ricostruire la fiducia degli utenti senza compromettere il delicato equilibrio tra libertà di espressione e responsabilità.
Per Zuckerberg, il rischio è quello di passare dalla censura al caos. E di perdere la propria credibilità.


