Goldman Sachs ha deciso di giocare d’anticipo su una trasformazione profonda del venture capital. La banca d’investimento americana ha infatti annunciato l’acquisizione di Industry Ventures, società con sede a San Francisco e oltre 25 anni di attività, per una cifra che potrà raggiungere i 965 milioni di dollari.
Una cifra importante, che testimonia quanto il mercato delle “uscite alternative”, cioè dei canali che permettono ai fondi di recuperare liquidità senza attendere la quotazione in Borsa delle startup, stia diventando centrale nel nuovo equilibrio finanziario della Silicon Valley.
L’operazione sarà completata entro il primo trimestre del prossimo anno e segna un momento chiave per Goldman, che intende potenziare la propria divisione dedicata agli investimenti alternativi, oggi forte di un portafoglio da 540 miliardi di dollari.
“Le consolidate relazioni e la competenza di Industry Ventures nel venture capital si integrano perfettamente con le nostre attività di investimento”, ha dichiarato David Solomon, CEO di Goldman Sachs. “Combinando le risorse globali di Goldman Sachs con l’esperienza nel venture capital di Industry Ventures, siamo in una posizione unica per rispondere alle esigenze sempre più complesse di imprenditori, aziende tecnologiche private e investitori”.
Un periodo complesso per il venture capital
Per comprendere la portata dell’acquisizione, occorre guardare allo scenario più ampio. Dopo anni di espansione frenetica, il mondo del venture capital si è trovato negli ultimi tempi in una fase di rallentamento strutturale.
Le grandi IPO, cioè le quotazioni in Borsa che tradizionalmente rappresentano la via d’uscita principale per gli investitori nelle startup, si sono quasi azzerate a partire dal 2022, complice l’aumento dei tassi d’interesse, la volatilità dei mercati e il ridimensionamento delle valutazioni delle startup tecnologiche non quotate.
In assenza di IPO, i fondi di venture capital hanno dovuto inventare nuove strategie per restituire liquidità ai propri investitori. È in questo scenario che sono emersi con forza i mercati secondari, i fondi di continuazione e i buyout di partecipazioni private, strumenti fino a pochi anni fa considerati di nicchia.
Hans Swildens, fondatore e CEO di Industry Ventures, è stato tra i primi a intuire questa evoluzione. In un’intervista rilasciata nei mesi scorsi, ha spiegato che i fondi di buyout tecnologico rappresentano ormai il 25% della liquidità complessiva dell’intero ecosistema del venture capital.
“Limitarsi a incontrare aziende, inserirle nel proprio fondo e poi aspettare un’IPO o un’acquisizione strategica probabilmente non funzionerà più”, ha osservato. “I fondi di venture capital devono iniziare a lavorare su soluzioni di liquidità alternative”.
Perché Goldman entra in gioco
L’interesse di Goldman Sachs per Industry Ventures non è solo una scommessa sul futuro del venture capital ma anche una risposta ai propri equilibri interni.
Come molte altre grandi banche d’investimento, Goldman sta cercando di diversificare le fonti di ricavo dopo anni in cui il trading e il corporate banking hanno perso parte della loro redditività.
Gli “alternatives”, cioè gli investimenti non tradizionali che spaziano dai fondi di private equity all’infrastrutturale, fino appunto al venture capital secondario, sono diventati la nuova frontiera per la crescita di lungo periodo.
In questo senso, Industry Ventures rappresenta un tassello perfetto. Con 7 miliardi di dollari in gestione e un rendimento medio interno del 18%, la società californiana è considerata un punto di riferimento nella gestione di portafogli secondari e fondi di fondi, ovvero strutture che permettono agli investitori di accedere indirettamente a startup già finanziate da altri fondi.
Goldman potrà così offrire ai propri clienti un accesso privilegiato alle imprese tecnologiche a più alta crescita, anche in fasi di mercato meno favorevoli.
Industry Ventures, un segnale per l’ecosistema tech
L’acquisizione di Industry Ventures da parte di Goldman Sachs è più di una semplice operazione finanziaria: è un segnale del mutamento profondo che sta attraversando la Silicon Valley.
Dopo un’epoca segnata dalla corsa alle valutazioni miliardarie e dalle quotazioni record, la nuova parola d’ordine è “liquidità”. Non più attendere anni nella speranza di un’IPO ma costruire fin dall’inizio modelli che garantiscano ritorni più prevedibili.
È un paradigma che potrebbe presto estendersi anche all’Europa, dove i mercati secondari del venture capital sono ancora in fase embrionale. Se gli Stati Uniti stanno riscoprendo l’arte di fare “exit” in modo creativo, il Vecchio Continente potrebbe presto seguirne l’esempio, soprattutto in un momento in cui l’innovazione tecnologica non conosce confini ma il capitale resta spesso bloccato.
Per Goldman Sachs, invece, l’operazione si prospetta un successo annunciato: un investimento che rafforza la propria presenza nel cuore pulsante della finanza tecnologica e che, nel medio periodo, potrebbe rivelarsi una delle mosse più strategiche della sua storia recente.


