Mentre la guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina si concentra sui semiconduttori avanzati, un nuovo fronte si sta aprendo sul terreno meno spettacolare ma altrettanto strategico dei chip di fascia bassa e tecnologicamente maturi, i cosiddetti “legacy”.
Pur non avendo l’appeal delle tecnologie di punta come i chip per l’intelligenza artificiale, questi componenti sono essenziali per settori chiave come l’industria automobilistica e la produzione di elettrodomestici.
Se gli Stati Uniti mantengono il controllo sulle tecnologie più avanzate grazie a rigide restrizioni alle esportazioni, la Cina sta rapidamente guadagnando terreno nella produzione di chip legacy.
Nel 2024, Pechino ha investito ben 41 miliardi di dollari in attrezzature per la produzione di wafer di silicio, un aumento del 29% rispetto all’anno precedente, secondo i dati di Morgan Stanley. Questo rappresenta il 40% della spesa globale nel settore, un balzo non di poco conto rispetto ai 24 miliardi del 2021.
Come i pannelli solari…
Questa espansione cinese non è casuale, bensì frutto di una strategia ben consolidata.
Da un lato, le aziende cinesi hanno cercato di accumulare strumenti tecnologici ancora disponibili prima che le restrizioni si irrigidissero ulteriormente.
Dall’altro, colossi come Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC) e Hua Hong Semiconductor hanno intensificato gli investimenti per rafforzare la propria capacità produttiva.
SMIC, la maggiore fonderia di chip cinese, ha speso 7,5 miliardi di dollari nel 2023 per ampliare la sua capacità, una cifra quasi quadrupla rispetto ai livelli pre-pandemia.
La Cina sembra dunue seguire un modello già sperimentato con successo in settori come quello dei pannelli solari: massiccio sostegno statale, prezzi aggressivi e un approccio orientato al lungo termine, spesso difficile da replicare in Occidente.
Chip legacy, un mercato in crescita
Anche se le aziende cinesi non dominano ancora il mercato globale dei chip legacy, i segnali di crescita sono evidenti.
Secondo la società di analisi Bernstein, le fonderie cinesi hanno incrementato la loro quota di mercato globale nei nodi maturi, passando dal 14% nel 2017 al 18% nel 2023.
L’aumento della domanda interna ha giocato un ruolo fondamentale: i clienti cinesi si sono affidati sempre più ai produttori locali, coprendo il 53% del proprio fabbisogno di chip legacy nel 2023, contro il 48% del 2017.
Inoltre, l’aggravarsi delle tensioni geopolitiche spingerà ulteriormente le imprese cinesi a preferire fornitori nazionali, consolidando la posizione delle aziende locali.
Le conseguenze per gli Stati Uniti e il mercato globale
L’ascesa dei produttori cinesi di chip legacy rappresenta una sfida concreta per le aziende statunitensi, come Texas Instruments e GlobalFoundries, che operano in questo segmento.
La prospettiva che i chip cinesi possano invadere i mercati globali potrebbe compromettere gli sforzi di Washington per garantire la resilienza della catena di approvvigionamento dei semiconduttori.
Non sarà facile per gli Stati Uniti contrastare questa espansione.
Se da un lato estendere le restrizioni ai chip di fascia bassa appare poco praticabile, dall’altro le aziende americane che producono semiconduttori legacy potrebbero necessitare di aiuti governativi per reggere la competizione.
La strategia statunitense, definita come “giardino piccolo, recinzione alta”, punta a limitare i controlli a un numero ristretto di tecnologie avanzate. Ma non si vive di soli chip per l’intelligenza artificiale…


