Musk chiude la causa da 128 milioni con gli ex dirigenti di Twitter

da | 10 Ott 2025 | Legal

Elon Musk e X Corp hanno trovato un accordo con gli ex dirigenti di Twitter che lo avevano citato in giudizio per non aver ricevuto le buonuscite promesse al momento dell’acquisizione.

Si tratta di un’intesa da 128 milioni di dollari, che mette la parola fine a una delle dispute più rumorose nate dopo l’acquisto del social network per 44 miliardi di dollari nel 2022.

I termini dell’accordo non sono stati resi pubblici ma la notizia della chiusura è arrivata con un documento ufficiale che ha sospeso le udienze in corso, segno che le parti hanno trovato un’intesa definitiva.

La causa era stata intentata da un gruppo di ex dirigenti, guidati dall’allora CEO Parag Agrawal, che sostenevano di non aver ricevuto le indennità contrattuali maturate prima del cambio di proprietà.

Dopo l’arrivo di Musk, i quattro erano stati allontanati con l’accusa di cattiva condotta e di aver cercato di ostacolare la vendita, ma secondo i legali degli ex dirigenti si trattava di un pretesto per non pagare le buonuscite milionarie pattuite.

Un’altra causa chiusa per X

L’accordo segue un’altra transazione raggiunta da X lo scorso agosto, quando l’azienda aveva accettato di pagare circa 500 milioni di dollari a centinaia di ex dipendenti licenziati nei mesi successivi all’acquisizione.

In quell’occasione, Musk aveva affrontato una class action collettiva per le indennità di licenziamento mai corrisposte, nate a seguito del drastico ridimensionamento della forza lavoro.

Da quando ha preso il controllo del social, Musk ha infatti tagliato oltre la metà del personale, con l’obiettivo dichiarato di ridurre i costi operativi e semplificare la struttura aziendale. Una cura dimagrante brutale, che però ha permesso a X di ridurre spese per centinaia di milioni di dollari all’anno.

Le due cause, quella dei dirigenti e quella dei dipendenti, si inseriscono in una lunga serie di contenziosi che hanno accompagnato l’era Musk su Twitter, dal momento stesso in cui ha cambiato nome alla piattaforma, ribattezzandola X e ridisegnandone l’identità.

I metodi di Musk

Fin dall’inizio, Musk ha giustificato i licenziamenti e la riorganizzazione interna come passaggi necessari per salvare un’azienda “gonfia di burocrazia e inefficienze”.

In più occasioni ha sostenuto che Twitter, prima della sua acquisizione, fosse una struttura sovradimensionata e poco redditizia, incapace di sostenersi con i soli ricavi pubblicitari.

Gli ex dirigenti, al contrario, hanno descritto il suo intervento come una “resa dei conti” dettata da motivazioni personali, un modo per sbarazzarsi del vecchio management e prendere il controllo totale dell’azienda. Nella loro versione dei fatti, Musk li avrebbe accusati ingiustamente di cattiva condotta solo per evitare di pagare le somme dovute.

Le indennità in discussione ammontavano a circa un anno di stipendio per ciascun dirigente, più stock option per centinaia di migliaia di dollari. Un bottino notevole ma non paragonabile alle cifre che Musk ha movimentato nel corso dell’acquisizione.

Il bilancio dell’operazione

Guardando oltre le cause legali, il vero nodo è capire se l’operazione X sia finora stata un successo o un boomerang economico.

Da un punto di vista strettamente contabile, è probabile che Musk si sia più che ripagato i costi delle dispute giudiziarie con i risparmi ottenuti dai licenziamenti di massa. Secondo le stime, il taglio del personale avrebbe ridotto i costi annuali di circa 500-700 milioni di dollari, mentre le cause legali sommate non superano i 700 milioni complessivi.

In sostanza, Musk ha speso qualche centinaio di milioni per chiudere vecchi contenziosi ma ha abbattuto in modo permanente le spese di struttura.

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Il bilancio generale della sua gestione resta però incerto. X ha perso valore di mercato, gli introiti pubblicitari sono calati e i nuovi modelli di ricavo, basati su abbonamenti e creator program, non hanno ancora prodotto risultati significativi.

In termini industriali, Musk ha probabilmente vinto la battaglia dei costi ma la guerra del valore, quella che misura la capacità di far crescere la piattaforma, è ancora tutta da giocare. E, come spesso accade con lui, l’equilibrio tra genio imprenditoriale e azzardo resta sottilissimo.

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