Come ben sapete dai nostri articoli, Google si trova al centro di una delle battaglie legali più importanti nell’ambito della regolamentazione tecnologica degli ultimi decenni.
E dopo la sentenza emessa ad agosto dal giudice Amit P. Mehta, che ha stabilito come l’azienda abbia mantenuto illegalmente un monopolio nella ricerca online, il colosso ha presentato una proposta di modifica delle sue pratiche.
La decisione del giudice, nata da una causa avviata nel 2020, punta il dito contro gli accordi miliardari stretti da Google con aziende come Apple e Samsung.
Questi contratti, per i quali Google ha speso oltre 26 miliardi di dollari nel solo 2021, hanno permesso al motore di ricerca di essere impostato come opzione predefinita su browser e dispositivi mobili, garantendo una posizione di dominio nel settore.
La proposta di Google: più flessibilità, meno restrizioni
In risposta, Google ha avanzato un piano che prevede modifiche ai contratti con i partner, rendendoli meno restrittivi.
Ad esempio, Apple potrebbe scegliere di preinstallare motori di ricerca diversi su iPhone e iPad.
Analogamente, i produttori di dispositivi Android avrebbero la possibilità di integrare altre applicazioni senza dover necessariamente installare il motore di ricerca di Google o l’assistente basato sull’intelligenza artificiale Gemini.
“Non proponiamo questi cambiamenti alla leggera”, ha dichiarato Lee-Anne Mulholland, vicepresidente per gli affari regolatori di Google, in un post sul blog aziendale.
Secondo Mulholland, la proposta affronta le problematiche sollevate dal tribunale senza compromettere la privacy degli utenti né la leadership tecnologica americana.
Google propone inoltre un meccanismo che consenta ai produttori di browser, come Apple e Mozilla, di cambiare il motore di ricerca predefinito almeno ogni 12 mesi. Tuttavia, il piano avrebbe una durata limitata a tre anni, contro i dieci richiesti dal governo.
Le richieste del governo: divisioni e limitazioni più severe
Le autorità statunitensi, però, puntano a interventi ben più incisivi. .
Tra le misure proposte ci sono la vendita di Chrome, il browser più utilizzato al mondo, e del sistema operativo Android.
Inoltre, il governo vorrebbe impedire a Google di siglare accordi a pagamento per ottenere posizioni di rilievo e garantire ai motori di ricerca rivali accesso ai dati e ai risultati di Google per un periodo di dieci anni.
Un’altra richiesta prevede che Alphabet, la holding che controlla Google, si separi da prodotti di intelligenza artificiale che potrebbero competere con la ricerca online, in modo da limitare la sua influenza in un settore emergente.
Il peso di una sentenza storica
Google ha difeso le sue pratiche, sostenendo che gli utenti scelgono il suo motore di ricerca per la sua qualità e non per vincoli contrattuali.
Non è della stessa idea il Dipartimento di Giustizia, che ha accusato l’azienda di aver bloccato i rivali in modo sistematico, creando un ciclo di dominio difficile da spezzare.
Questa battaglia legale potrebbe ridefinire il futuro di Google, una delle aziende più potenti al mondo con una capitalizzazione di mercato di 2.350 miliardi di dollari.
Il settore della ricerca online rappresenta il cuore pulsante del suo business, con ricavi di oltre 175 miliardi di dollari nel 2023.
Ma l’esito della causa non riguarderà solo Google: una decisione del genere potrebbe stabilire un precedente per altre cause antitrust che coinvolgono colossi tecnologici come Apple, Amazon, Meta e Microsoft.
Queste aziende sono già nel mirino delle autorità per presunti abusi di potere nel mercato digitale, dalla pubblicità online al cloud computing, passando per l’intelligenza artificiale.
Per il governo, però, appare più importante ristabilire un mercato competitivo e garantire una maggiore scelta ai consumatori.


