Uber ha deciso di reinventare il tempo libero. Nel nuovo programma “digital tasks”, appena presentato negli Stati Uniti dopo un test in India, l’azienda permetterà infatti ai propri autisti di guadagnare qualche dollaro extra svolgendo piccoli compiti digitali.
Si tratta di attività come registrare brevi clip vocali, caricare foto o inviare documenti che verranno utilizzati per addestrare modelli di intelligenza artificiale. Tutto avverrà direttamente dall’app Uber Driver, la stessa che oggi serve per accettare corse o consegne.
È un progetto che punta a monetizzare ogni momento della giornata, anche quelli di inattività. “La paga sarà determinata in base alla complessità e al tempo richiesto”, spiega l’azienda.
In una presentazione mostrata durante il lancio del programma sono comparsi esempi di micro-pagamenti: 0,50 dollari per un compito da due o tre minuti, un dollaro per uno da poco più di uno. Ogni attività, precisa Uber, verrà pagata entro 24 ore. L’idea è di offrire un modo flessibile per guadagnare mentre l’auto elettrica è in ricarica o quando si è a casa sul divano a guardare una partita.
Il test condotto in India, che secondo Uber ha avuto “risultati convincenti”, ha spinto l’azienda ad avviare il progetto pilota anche negli Stati Uniti, con l’obiettivo di estenderlo a tutto il Paese entro la fine del 2025.
Il paradosso degli autisti che addestrano i robot
Dietro questa novità si nasconde una contraddizione difficile da ignorare.
Le attività digitali proposte fanno parte di Uber AI Solutions, una piattaforma nata meno di un anno fa che fornisce dati audio, video, testuali e visivi a clienti esterni impegnati nello sviluppo dei propri modelli di IA. Tra questi clienti figurano società di guida autonoma come Aurora e Tier IV.
Tradotto: gli stessi autisti che oggi portano persone da un punto all’altro della città stanno aiutando a perfezionare gli algoritmi che, in un futuro non troppo lontano, potranno guidare al posto loro.
Durante la presentazione del programma, il CEO Dara Khosrowshahi ha sottolineato come gli autisti stiano “facendo più corse che mai e guadagnando più mance”, quasi a voler rassicurare che la rivoluzione digitale non metterà a rischio il loro ruolo.
Ma la direzione in cui si muove Uber lascia aperta più di una domanda su cosa significhi oggi lavorare in un’economia governata dagli algoritmi.
Il business dei dati etichettati
Il nuovo programma di Uber non nasce dal nulla. Negli ultimi anni, l’addestramento delle intelligenze artificiali è diventato un’industria miliardaria, alimentata da milioni di micro-lavoratori che etichettano dati per pochi dollari all’ora. È un’attività chiamata data labeling, ossia la classificazione manuale di testi, immagini, suoni e video necessaria per “insegnare” alle IA a riconoscere ciò che vedono o ascoltano.
Nel 2019 questi lavoratori guadagnavano compensi che variavano da 2,50 a 15 dollari l’ora, a seconda del Paese. Da allora, il mercato non ha smesso di crescere. Nel 2018 valeva poco più di un miliardo di dollari, nel 2024 è arrivato a 4 miliardi e, secondo le stime, supererà i 17 miliardi entro il 2030.
Non sorprende quindi che anche Uber voglia ritagliarsi un posto in questo business, diversificando la propria attività in un momento in cui la concorrenza dei robotaxi rischia di erodere il suo modello tradizionale. Non a caso, Meta ha investito circa 15 miliardi di dollari in contanti per acquisire una quota della società di data labeling Scale AI, portandosi a bordo anche il suo fondatore Alexandr Wang.
In un settore in cui ogni dato etichettato può valere milioni di dollari, anche un piccolo esercito di autisti connessi può trasformarsi in un asset competitivo.
Uber e la monetizzazione infinita
Uber ha spiegato che i nuovi compiti digitali non compariranno nell’app se l’autista è online e sta accettando corse, “per garantire che resti concentrato sulla guida”. Ma il principio resta lo stesso: nessun momento deve andare sprecato. Ogni pausa, ogni attesa, ogni ricarica elettrica può diventare una fonte di guadagno.
È l’ennesima incarnazione dell’economia della monetizzazione infinita, dove anche il tempo libero diventa produttivo e il lavoro non si ferma mai.
Oggi un autista può guidare di giorno e, la sera, addestrare l’IA che un giorno lo sostituirà. In questo equilibrio precario tra progresso e auto-sostituzione, il confine tra chi lavora e chi addestra la macchina si fa sempre più sottile.
Fonte: Axios


