Nella frenetica corsa all’intelligenza artificiale, la Silicon Valley ha rispolverato uno dei suoi miti più tossici: quello dell’iperlavoro.
L’orario simbolo del momento è il “996” (dalle nove del mattino alle nove di sera, sei giorni a settimana), un modello reso celebre in Cina da giganti come Alibaba e Huawei, poi dichiarato illegale dopo la morte di diversi lavoratori.
Con la differenza che mentre Pechino lo ha vietato, la culla dell’innovazione americana lo ha riportato in vita, travestito da spirito di missionario.
In alcune startup, l’offerta di lavoro rasenta l’assurdo. All’inizio dell’anno, la californiana Sonatic ha pubblicato un annuncio che richiedeva la presenza in sede “sette giorni su sette”, promettendo in cambio alloggio gratuito e un abbonamento a Raya, l’app di incontri per professionisti.
Un modo surreale per mascherare una condizione di totale immersione nel lavoro, dove la vita privata viene cancellata dal ciclo produttivo.
“La possibilità di successo aumenta quando tutti sono concentrati sulla missione”, ha spiegato il giovanissimo CEO dell’azienda al Washington Post. Un messaggio che suona come un inno alla dedizione totale, più vicino a un culto che a un progetto d’impresa.
Dall’equilibrio al sacrificio
Solo pochi anni fa, il mondo del lavoro tech aveva imboccato la direzione opposta. Il boom post-pandemico e la scarsità di talenti avevano spinto le aziende a investire sul benessere dei dipendenti, a promuovere la flessibilità e la conciliazione tra vita e lavoro. Anche i sindacati avevano conosciuto una stagione di rinascita.
Oggi, però, lo scenario è cambiato. Il mercato del lavoro è instabile, i lavoratori federali non vengono pagati, i contratti sindacali vengono violati. Gli uffici tornano a riempirsi e le startup, specie quelle impegnate nella corsa all’IA, non hanno alcun problema a pretendere orari estenuanti.
Secondo il Wall Street Journal, i migliori ricercatori del settore lavorano fino a 100 ore a settimana, scherzando su un nuovo standard, lo “0-0-2”: da mezzanotte a mezzanotte con due ore di pausa nel weekend.
Alcuni sono già milionari ma confessano di non avere nemmeno il tempo di spendere la loro fortuna.
996: la generazione che non dorme
Questa nuova etica del sacrificio è particolarmente radicata tra i più giovani. I fondatori ventenni delle nuove aziende d’intelligenza artificiale vivono la competizione come una maratona esistenziale.
“Niente alcol, niente droghe, 9-9-6, sollevare pesi, correre tanto, sposarsi presto, monitorare il sonno, mangiare uova e bistecca”, ha sintetizzato il confondatore di un startup di IA intervistato dal San Francisco Standard.
Sembra però una generazione che confonde la produttività con la resistenza fisica e morale, e che misura il valore del proprio lavoro non nei risultati ma nel tempo trascorso davanti a uno schermo.
Mentre l’IA promette di automatizzare tutto, gli esseri umani che la creano sembrano essersi dunque trasformati nei nuovi operai digitali: una manovalanza sì d’élite ma comunque esausta, schiava della stessa efficienza che progetta.
Fonte: Axios


