Nel vertice APEC, che riunisce le ventuno economie più dinamiche del pianeta e rappresenta circa metà del commercio mondiale, la Cina ha messo sul tavolo una proposta che vorrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici della tecnologia.
Il presidente Xi Jinping ha infatti lanciato l’idea di creare una World Artificial Intelligence Cooperation Organization, un organismo globale per la governance dell’intelligenza artificiale, con sede a Shanghai.
È un progetto che va ben oltre la cooperazione economica: è il tentativo di Pechino di imporre una visione basata su regole comuni e supervisione multilaterale, alternativa a quella statunitense.
Regole globali contro la deregulation
“La tecnologia deve essere un bene pubblico per la comunità internazionale”, ha dichiarato Xi, sottolineando che l’intelligenza artificiale “è di grande importanza per lo sviluppo futuro e deve essere messa al servizio delle persone di tutti i Paesi e di tutte le regioni”.
Dietro le parole del presidente cinese si nasconde una strategia politica precisa: costruire un contrappeso all’influenza americana sulle regole del digitale.
Gli Stati Uniti, infatti, hanno finora respinto ogni proposta di regolamentazione internazionale, preferendo affidarsi a un approccio di mercato, dove la competizione e la leadership tecnologica contano più della cooperazione.
Donald Trump, che ha disertato il vertice APEC per rientrare a Washington dopo un incontro bilaterale con Xi, incarna questa filosofia. La sua amministrazione ha fatto della “deregulation” la chiave per consolidare il primato statunitense nei settori strategici dell’IA e dei semiconduttori.
L’accordo siglato con la Cina, una tregua di un anno sui controlli commerciali e tecnologici, non basta a mascherare la distanza ideologica tra le due potenze.
La sovranità algoritmica come manifesto politico
Il progetto di Xi si inserisce in un quadro più ampio, quello della cosiddetta “sovranità algoritmica”, ovvero la dottrina con cui Pechino mira a ridurre la propria dipendenza dai chip e dai modelli americani.
Mentre la californiana Nvidia domina la scena globale con le sue GPU, aziende cinesi come DeepSeek stanno sviluppando alternative a basso costo, sostenute dallo Stato, per costruire un ecosistema di intelligenza artificiale interamente domestico.
È la stessa logica che guida la nuova visione industriale cinese: controllare non solo le risorse materiali ma anche gli algoritmi che plasmeranno l’economia e la politica del XXI secolo.
Parallelamente, Xi ha invitato i membri dell’APEC a promuovere la “libera circolazione delle tecnologie verdi”, un settore dove la Cina già esercita una supremazia schiacciante, dalle batterie ai pannelli solari. È un modo per presentarsi come potenza responsabile, pronta a guidare la transizione tecnologica globale non solo con le macchine ma anche con le regole.
La Cina come architetto della governance tecnologica
Alla fine del vertice, i Paesi APEC hanno approvato una dichiarazione congiunta sull’intelligenza artificiale e sulle sfide legate all’invecchiamento della popolazione. Ma il vero messaggio politico è arrivato da Pechino: la Cina vuole essere l’architetto del nuovo ordine tecnologico mondiale.
Non a caso, ospiterà il summit APEC del 2026 a Shenzhen, cuore pulsante della sua industria robotica e automobilistica, mentre Shanghai (candidata a ospitare la futura organizzazione per la cooperazione sull’IA), si prepara a diventare il simbolo di una governance tecnologica “alla cinese”.
Pechino punta a costruire un modello in cui l’intelligenza artificiale non appartenga a una sola potenza, ma diventi, almeno formalmente, un “bene pubblico globale”. Resta da capire se il mondo accetterà di affidare alla Cina il ruolo di arbitro nella partita più importante del secolo.
Fonte: Reuters


