C’è un motivo preciso se Palantir ha deciso di chiamare il suo nuovo programma per diplomati proprio “Meritocracy Fellowship”. Non è solo una parola evocativa ma una sfida culturale.
Nell’idea di Alex Karp, CEO della società di data analytics più controversa della Silicon Valley, la meritocrazia non si misura più nei campus universitari, ma nelle aziende che producono risultati concreti.
Se il sistema accademico americano è “rotto”, come recitava il post con cui Palantir ha lanciato l’iniziativa, allora è tempo che qualcuno lo sostituisca.
Karp non parla da autodidatta. Ha studiato filosofia all’Haverford College e conseguito una laurea in legge a Stanford, l’università simbolo dell’élite tech californiana. E proprio per questo la sua scelta fa notizia.
Nella visione di Palantir, le università sono diventate macchine ideologiche, incapaci di formare persone “eccellenti” e troppo concentrate su criteri d’ammissione che poco hanno a che vedere con il merito.
La Meritocracy Fellowship nasce allora per offrire un’alternativa: prendere ventidue diplomati, saltare il college e formarli direttamente in azienda.
Giovani senza laurea
Palantir è nota per i suoi contratti con il Pentagono, la CIA e altre agenzie di intelligence, ma da tempo cerca di costruirsi anche un’identità culturale.
Il programma non è un semplice stage: comincia con un seminario di quattro settimane sulla civiltà occidentale, la storia degli Stati Uniti e i valori del “mondo libero”. Un percorso che alterna lezioni teoriche a momenti di confronto su temi come le sfide dell’Occidente e il significato stesso di difenderlo.
Non è un caso. Fondata da Peter Thiel, finanziatore di Trump e sostenitore del pensiero libertario, Palantir rappresenta quel lato della Silicon Valley che si muove ormai in autonomia rispetto allo Stato. In questo caso, costruendo un’istituzione propria, private, per sostituire quelle pubbliche considerate inefficienti.
Il suo è allora un progetto ideologico prima ancora che aziendale: la creazione di una nuova élite formata all’interno dell’impresa, non più negli atenei.
L’educazione secondo Palantir
L’esperimento, riportato dal Wall Street Journal, mostra i limiti del sistema educativo americano. Uno dei partecipanti al corso di storia, infatti, ha chiesto che gli venisse spiegato come si prendano appunti durante una lezione. “Si era sempre concentrato su matematica e coding e non aveva mai seguito corsi di storia”, è stata la spiegazione.
Dopo il seminario, i ragazzi sono stati inseriti nei team aziendali, viaggiando per gli Stati Uniti al fianco dei cosiddetti “ingegneri dispiegati sul campo”, professionisti che lavorano direttamente con i clienti, spesso in settori sensibili come la difesa o la sanità.
“Quale altra azienda ti mette su progetti reali al terzo giorno?”, ha commentato Matteo Zanini, diciottenne italoamericano nonché uno dei partecipanti al programma. “È pazzesco.”
La Silicon Valley si fa università
I migliori tra i ventidue fellows potranno restare a tempo pieno, senza laurea ma con un lavoro stabile in una delle aziende più strategiche d’America. È il sogno di ogni diciottenne appassionato di tecnologia e anche il segnale di qualcosa di più profondo.
La Meritocracy Fellowship segna un cambio d’epoca: le aziende della Silicon Valley non si limitano più ad assumere talenti, ora li formano da zero, secondo le proprie regole e impartendogli la propria visione del mondo.
È la risposta privata a un problema pubblico, l’ennesima dimostrazione di come il potere formativo (e, in prospettiva, politico), si stia spostando dai campus alle corporation.
Resta da capire se questo rappresenti un’occasione di emancipazione per i giovani o l’inizio di una dipendenza culturale.
Fonte: The Wall Street Journal


