Lo ammettiamo, quando Zuckerberg ha annunciato l’abbandono dei controversi ‘fact checker’, abbiamo pensato che l’iniziativa sarebbe stata su scala mondiale. E, a giudicare da numerose trasmissioni politiche cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, siamo stati in buona compagnia.
Ma ieri sera Nicola Mendelsohn, responsabile globale delle attività commerciali dell’azienda, in un’intervista a Bloomberg Television, tenutasi durante il World Economic Forum di Davos, ha spiegato che così non sarà.
I fact-checker resteranno in Europa
Meta ha infatti sì deciso di interrompere la collaborazione coi fact-checker negli Stati Uniti, sostituendoli con un sistema basato sulle “community notes”. Ma manterrà questa pratica attiva nel resto del mondo. Quindi, anche in Europa.
“Per ora, nulla cambierà al di fuori degli Stati Uniti: continuiamo a collaborare con i fact-checker in tutto il mondo”, ha dichiarato Mendelsohn, sottolineando che Meta valuterà i risultati del nuovo approccio negli USA prima di decidere se estenderlo ad altre regioni.
La scelta di eliminare i fact-checker negli Stati Uniti arriva direttamente dal CEO Mark Zuckerberg, che ha spiegato come i sistemi di controllo esterni, introdotti quasi un decennio fa per combattere le bufale, siano diventati troppo complessi e abbiano generato “troppi errori” e censure ingiustificate degli utenti.
Colpa del Digital Services Act
Una transizione simile al di fuori degli USA appare però più complicata.
L’Unione Europea, ad esempio, impone normative severe come il Digital Services Act, che obbliga le grandi piattaforme a contrastare attivamente la disinformazione politica. La mancata osservanza potrebbe comportare multe salate.
In attesa di vedere se e quando anche in Europa il meccanismo dei fact-checker verrà mai sostituito da quello basato sulle “community notes”, a noi cittadini del Vecchio Continente non resterà che stare alla finestra per vedere come si evolverà il controverso rapporto di Meta con Donald Trump.
Zuckerberg ha dichiarato che l’azienda collaborerà col nuovo presidente per contrastare le politiche restrittive di alcuni paesi sulla libertà di espressione, criticando l’amministrazione Biden uscente per aver favorito quella che ha definito “censura”.
Trump, che nel 2021 era stato temporaneamente bannato da Facebook dopo l’assalto al Campidoglio e aveva definito il social “il nemico del popolo”, ha accolto con favore il nuovo corso, affermando che Meta ha fatto “molti progressi”.
Nel frattempo, segnaliamo che The Verge è uscita con un’articolo intitolato “Welcome to the era of gangster tech regulation”, con l’immagine di Elon Musk, Jeff Bezos e, appunto, Mark Zuckerberg.
Un titolo e una copertina che non possono che accendere un dibattito, tanto sul ruolo delle big tech, quanto sull’impatto che i “giganti tecnologici” hanno sulle economie e sulle società nel loro complesso.
E che ricorda con quale velocità oggi si può passare dal ruolo di paladini liberal a quello di villain della democrazia.


