C’è ormai un nuovo paradosso nella Silicon Valley: più le big tech guadagnano, più la Borsa si spaventa.
Lo si è visto con Meta, che ha chiuso ieri il terzo trimestre con ricavi record da 51,2 miliardi di dollari, in crescita del 26% rispetto all’anno precedente. E che eppure ha subito un tonfo di oltre il 7% nelle contrattazioni after-hours.
Il motivo è uno solo: la promessa di Mark Zuckerberg di aumentare in modo “aggressivo” la spesa per l’intelligenza artificiale, senza dimenticare un utile netto crollato a 2,7 miliardi di dollari per effetto di una tassa straordinaria da 15,9 miliardi legata al One Big Beautiful Bill Act.
La corsa alla superintelligenza
Durante la call con gli analisti, Zuckerberg ha ribadito che l’accelerazione è necessaria per sostenere la ricerca verso quella che Meta chiama superintelligenza, un’IA capace di superare le capacità umane in più campi cognitivi.
“In questo modo, se la superintelligenza arriverà prima del previsto, saremo idealmente posizionati per un cambio di paradigma generazionale in molte grandi opportunità”, ha spiegato. “Se invece richiederà più tempo, useremo la capacità di calcolo aggiuntiva per accelerare il nostro core business.”
È un discorso che risuona con le ambizioni di tutte le grandi aziende tecnologiche: da Microsoft a Google, fino a OpenAI e Amazon, è in corso una vera e propria gara a chi spende di più in infrastrutture, chip e talenti IA per raggiungere la cosiddetta AGI.
Ma è anche una corsa che inizia a generare dubbi tra gli investitori. “La cifra complessiva della spesa è ciò che ci lascia un po’ perplessi”, ha commentato Brian Mulberry, gestore di portafoglio presso Zacks Investment Management. “Devono cominciare a mostrarci meglio quando e come questi investimenti avranno un ritorno sul bilancio.”
Spese record, ritorni incerti
Meta ha previsto per il trimestre in corso ricavi compresi tra 56 e 59 miliardi di dollari, ma ha avvertito che nel 2026 i costi cresceranno “a un tasso significativamente più alto” rispetto al 2025, soprattutto per via dell’espansione infrastrutturale.
Secondo le stime di FactSet, le spese in conto capitale potrebbero raggiungere i 97 miliardi di dollari nel 2026, contro i 72 miliardi previsti per quest’anno. Una cifra colossale, che include l’investimento da 27 miliardi di dollari nel data center Hyperion in Louisiana (in partnership con Blue Owl Capital) e un piano complessivo di 600 miliardi di dollari entro il 2028 per data center e infrastrutture negli Stati Uniti.
Nel frattempo, Meta continua a inseguire talenti di alto profilo offrendo pacchetti pluriennali da decine di milioni fino a oltre un miliardo di dollari, e ha acquisito il 49% della startup Scale AI, specializzata nell’etichettatura dei dati, assumendone anche l’amministratore delegato.
Il dubbio dei gestori
Per Mulberry e molti altri gestori di fondi, il problema non è tanto l’ambizione, quanto la trasparenza. “Il ritorno sul capitale investito è una metrica fondamentale per noi,” ha detto. “Il fatto che siano un po’ evasivi e non del tutto chiari su ciò che sta accadendo non aiuta a dissipare le preoccupazioni”.
In altre parole, la Silicon Valley si sta giocando tutto sulla promessa dell’IA, ma gli investitori cominciano a chiedersi se la scommessa non stia diventando eccessiva. L’assenza di previsioni sulle spese per il 2026 e la mancanza di nuove timeline sui modelli di IA non aiutano poi certo a calmare i mercati.
Nei giorni scorsi, infine, Meta ha confermato il licenziamento di circa 600 dipendenti della divisione IA, specificando che il team con i nuovi assunti non è stato toccato.
Fonte: The Wall Street Journal


