Lo avevamo scritto lo scorso ottobre: DJI è stata ufficialmente iscritta nella lista nera del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, accusata di essere una “azienda militare cinese”.
Questa designazione ha comportato gravi restrizioni per il colosso cinese dei droni, come l’impossibilità di stipulare contratti con agenzie governative federali americane.
Inoltre, il Congresso sta valutando ulteriori misure per limitare l’utilizzo dei droni DJI sul territorio statunitense, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale e, nuovamente, potenziali legami con il governo cinese.
In risposta, l’azienda cinese ha intentato una causa legale contro il Pentagono, sostenendo che la classificazione sia infondata e lesiva per la sua reputazione e le sue attività.
L’azienda ha dichiarato di non avere legami con l’esercito cinese e di operare in modo indipendente, focalizzandosi esclusivamente sullo sviluppo di tecnologie per usi civili e commerciali.
Per oltre 16 mesi, DJI ha cercato di avviare un dialogo con le autorità americane, senza ottenere risposte, fino a decidere di ricorrere alle vie legali per rimuovere la classificazione.
DJI ‘perde’ il geofencing
Mentre la tensione tra Stati Uniti e Cina si inasprisce, la notizie di queste ore è che l’azienda cinese ha deciso di apportare una modifica significativa al software dei suoi droni, rimuovendo il geofencing.
Per oltre un decennio, questa funzione aveva impedito automaticamente il volo sopra aree sensibili come aeroporti, centrali elettriche, zone di emergenza pubblica e persino la Casa Bianca.
Ora, nonostante la crescente sfiducia verso i droni negli Stati Uniti, DJI non imporrà più le “No-Fly Zone”, limitandosi a inviare avvisi ignorabili ai piloti.
Secondo Adam Welsh, responsabile della politica globale di DJI, strumenti come il Remote ID, che trasmette pubblicamente la posizione di un drone e del suo operatore durante il volo, offrono alle autorità i mezzi per far rispettare le norme esistenti.
Questa scelta ha sollevato interrogativi, soprattutto dopo il caso del drone che ha interferito con un aereo Super Scooper a Los Angeles.
Si trattava di un modello DJI da meno di 250 grammi, esente dall’obbligo di identificazione remota, e l’FBI ha dichiarato di stare “lavorando a ritroso attraverso mezzi investigativi” per identificare il pilota.
Una decisione controversa
Non tutti vedono di buon occhio la decisione di rimuovere il geofencing.
Brendan Schulman, ex responsabile della politica globale di DJI, ha criticato apertamente questa scelta, definendola un rischio per la sicurezza.
Schulman ha sottolineato che il geofencing automatico basato sul rischio ha contribuito in modo significativo alla sicurezza dell’aviazione, impedendo incidenti in aree sensibili.
Interesting timing: Ten years almost to the day after a DJI drone infamously crash-lands on the White House lawn, DJI has removed the built-in geofencing feature that automatically impedes such an incident, replacing it with warnings that the user can choose to ignore. https://t.co/bZNevvwHDX
— Brendan Schulman (@dronelaws) January 14, 2025
La sua rimozione, a suo avviso, potrebbe avere conseguenze gravi, soprattutto tra i piloti meno esperti e meno consapevoli delle restrizioni sullo spazio aereo.
Curiosamente, questa decisione arriva quasi dieci anni dopo l’episodio del famoso atterraggio di un drone DJI sul prato della Casa Bianca, un incidente che all’epoca aveva evidenziato la necessità di strumenti di sicurezza più stringenti.


