Colossus: Musk scommette tutto sul ‘supercomputer’ di Memphis

da | 7 Ott 2025 | Tecnologia

Per Elon Musk, la corsa all’intelligenza artificiale non si gioca nei laboratori di San Francisco ma nella pancia dell’America.

A Memphis, tra centrali a gas e impianti di raffreddamento, il miliardario sta infatti costruendo Colossus, che definisce “il supercomputer più grande del mondo”. In realtà è un data center sotto steroidi ma riconosciamo che il termine “supercomputer” funziona molto meglio dal punto di vista narrativo.

Al di là di quale sia la definizione più calzante, possiamo comunque definire Colossus come il cuore di xAI, la società con cui Musk vuole riprendersi il tempo perduto nei confronti di Sam Altman e di OpenAI.

I numeri di Colossus

Tra i risvolti positivi di Colossus, c’è che ha già trasformato la celebre città sul Mississippi in una delle capitali globali dell’IA. La prima struttura, in funzione dal 2024, ospita oltre 200.000 chip Nvidia. Ora sta per nascere Colossus 2, ancora più imponente: Musk promette di arrivare a 550.000 chip e, un giorno, forse a un milione.

La scala è tale da richiedere una centrale elettrica dedicata, capace di generare oltre un gigawatt di potenza, abbastanza per alimentare 800.000 abitazioni.

Ma il costo di questa corsa è astronomico. Secondo stime riportate dal WSJ, completare Colossus 2 richiederà oltre 18 miliardi di dollari solo in chip Nvidia. Musk stesso ha ammesso che xAI brucerà più di 13 miliardi di dollari nel 2025.

Il laboratorio del potere

Memphis si è così scoperta improvvisamente al centro di una nuova rivoluzione industriale. Musk ha scelto la patria di Elvis Presley per la disponibilità di terreni industriali e la promessa di una rete elettrica flessibile. Ma la sua offensiva ha anche diviso l’opinione pubblica.

I data center di xAI consumeranno milioni di litri d’acqua al giorno e più elettricità di quella necessaria a tutte le abitazioni di Memphis stessa. Per sostenere l’avvio di Colossus, Musk ha installato 35 turbine a gas naturale, in grado di produrre fino a 420 megawatt di potenza.

Le emissioni di ossidi di azoto e altri inquinanti hanno acceso le proteste dei quartieri vicini, in gran parte abitati da poveri e afroamericani. Le autorità locali hanno concesso a xAI deroghe ai permessi ambientali, in quanto trattasi di strutture temporanee.

Ma parte delle turbine (sette, secondo i documenti ufficiali), continuano oggi a funzionare senza autorizzazione. Un episodio che ha alimentato accuse di doppi standard e di opacità nella gestione del progetto.

Eppure, per molti, l’arrivo di Musk è anche un segno di rinascita. xAI è già diventata il secondo maggiore contribuente della città, dopo FedEx, e ha promesso di costruire un impianto di riciclo delle acque reflue che ridurrà la pressione sulla falda acquifera.

Memphis, un tempo capitale del cotone e poi vittima della deindustrializzazione, vede in questa “rinascita digitale” la possibilità di tornare rilevante.

Il tempo come arma

Per Musk, la velocità è la variabile decisiva. Quando gli altri big dell’IA hanno iniziato a costruire data center, lui non aveva ancora un’infrastruttura. I tempi medi di consegna (dai 18 ai 24 mesi) significavano perdere senz’altro la corsa all’IA. Così ha deciso di fare tutto da sé: acquistare, cablare, assemblare.

In soli 122 giorni, Colossus è diventato operativo. Musk si è recato di persona a Memphis, aiutando a stendere i cavi necessari a sincronizzare decine di migliaia di chip. “Solo una persona al mondo avrebbe potuto farlo”, ha commentato uno stupito Jensen Huang, CEO di Nvidia.

È un approccio che ricorda quello di SpaceX e Tesla: accorciare i cicli di sviluppo, ridurre i passaggi burocratici, e puntare su una concentrazione verticale del controllo.

Il risultato è un simbolo di potenza industriale e di ossessione personale. E quando Grok, il chatbot di xAI, è stato addestrato sul supercomputer di Memphis, ha superato in diversi test i modelli di OpenAI e Google, rispondendo a quesiti di livello accademico in campi come la linguistica antica e la fisica gravitazionale.

Il profeta del rischio

C’è però un paradosso che riguarda Musk, uno dei tanti a dire il vero: l’uomo che ha chiamato l’intelligenza artificiale “la più grande minaccia esistenziale per l’umanità” è lo stesso che ora investe miliardi per svilupparla.

Non a caso, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Musk ha battezzato “Colossus” il suo ‘supercomputer’ ispirandosi a una trilogia di romanzi di fantascienza degli anni Sessanta firmata da D.F. Jones, in cui una macchina intelligente prende coscienza di sé e trascina l’umanità verso la guerra.

Mentre xAI prepara Colossus 2, il magnate sta valutando nuovi schemi di finanziamento, come il leasing di 12 miliardi di dollari in chip Nvidia. SpaceX ha già investito 2 miliardi e Tesla potrebbe seguirla, a conferma di quanto Musk stia intrecciando i destini delle sue aziende per alimentare l’ascesa di xAI.

Con una delle sue solite uscite a effetto, Musk ha mostrato un’ambizione va oltre l’economia o la tecnologia contemporanea. “Penso che vedremo l’intelligenza artificiale crescere fino a sfruttare la maggior parte dell’energia del Sole, e alla fine della galassia intera”, ha detto all’All-In Summit.

È una frase che riassume perfettamente la sua filosofia: un misto di titanismo, visione cosmica e follia. E Colossus, probabilmente, non è solo un data center: è la metafora di un uomo che non accetta di arrivare secondo.

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