“La NATO vuole salvare internet dai sabotaggi di Russia e Cina passando dallo spazio”, Così titolavamo lo scorso 9 luglio, in una notizia che alla luce dei fatti di oggi pare quasi profetica.
Ai più attenti di voi, infatti, non sarà sfuggita la notizia di una decina di giorni fa, relativa alla rottura di un cavo sottomarino per le telecomunicazioni tra Finlandia e Germania.
La notizia attrasse la nostra attenzione perché la Germania fu tra i primi Paesi a ipotizzare che il danneggiamento fosse frutto di un sabotaggio.
Ora, a distanza di una decina di giorni, le acque del Mar Baltico sono diventate il teatro di un caso internazionale che vede il sabotaggio intrecciarsi al diritto marittimo e alla geopolitica.
L’accusa: un sabotaggio premeditato
Gli investigatori sospettano che l’equipaggio della Yi Peng 3, carica di fertilizzanti provenienti dalla Russia e partita dal porto di Ust-Luga il 15 novembre, abbia trascinato deliberatamente l’ancora per oltre 100 miglia, recidendo due cavi critici.
Il primo danno si è verificato il 17 novembre nelle acque svedesi, quando il cavo tra Svezia e Lituania è stato reciso. Il secondo, avvenuto solo qualche ora dopo, ha interrotto il collegamento tra Germania e Finlandia.
Fonti vicine all’indagine riferiscono che il transponder della nave è stato spento durante parte del tragitto, una manovra conosciuta come “dark incident” nel traffico marittimo. La nave avrebbe poi zigzagato, sollevato l’ancora e ripreso il viaggio, prima di essere intercettata dalla marina danese nello stretto del Kattegat.
Un’analisi dell’ancora e dello scafo ha confermato danni compatibili con il trascinamento sul fondale marino, mentre le autorità svedesi hanno avviato un’indagine per sabotaggio.
Il ruolo di Russia e Cina
Gli investigatori si concentrano sul possibile coinvolgimento dell’intelligence russa, sospettata di aver orchestrato l’operazione. Al momento, però, non ci sono prove che colleghino direttamente il governo cinese al presunto sabotaggio.
La compagnia proprietaria della nave, Ningbo Yipeng Shipping, ha permesso il fermo dell’imbarcazione e sta collaborando con le autorità. Non ha però rilasciato commenti ufficiali.
La Cina, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, ha respinto ogni accusa, ribadendo il proprio impegno a preservare la sicurezza delle infrastrutture internazionali.
Dal canto suo, il Cremlino ha definito “assurde e prive di fondamento” le accuse contro la Russia, richiamando l’attenzione sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream nel 2022, che Putin attribuisce all’Ucraina col tacito consenso dell’Occidente.
Le implicazioni geopolitiche
La vicenda è diventata in breve una questione complessa per le autorità europee. Da un lato, la NATO deve rispettare il diritto internazionale che garantisce la libertà di navigazione; dall’altro, deve proteggere le infrastrutture critiche da attacchi sempre più frequenti.
Il caso della Yi Peng 3, peraltro, non è isolato. Lo scorso anno, un’altra nave cinese, la Newnew Polar Bear, era stata coinvolta nel danneggiamento del gasdotto Balticconnector e di un cavo tra Finlandia ed Estonia.
Anche in quel caso, le autorità sospettarono la presenza di marinai russi a bordo, ma evitarono di fermare la nave per mancanza di basi legali solide.
L’episodio attuale, però, ha spinto la Danimarca ad agire con maggiore decisione, schierando navi da guerra per bloccare il cargo dopo il secondo incidente.
Una pista da seguire
Gli esperti sottolineano che la Yi Peng 3 aveva operato esclusivamente in acque cinesi fino al marzo 2024, quando ha iniziato a trasportare merci tra porti russi, tra cui Murmansk e Ust-Luga.
Questo cambio di rotta alimenta sospetti sul possibile coinvolgimento russo, in un contesto di crescente collaborazione tra Mosca e Pechino.
Benjamin L. Schmitt, esperto del Kleinman Center for Energy Policy, ha definito “significativo” il passaggio della nave da acque cinesi a rotte russe, sottolineando che il fatto dovrebbe diventare un elemento centrale nelle indagini.
Al momento, la Yi Peng 3 è sotto sorveglianza di una piccola flotta NATO, composta da navi di Svezia, Germania e Danimarca.
Le autorità europee stanno negoziando con il proprietario cinese per ottenere accesso al cargo e interrogare l’equipaggio.
La questione resta intricata, con implicazioni che vanno oltre il singolo episodio.
L’Europa, già scossa dall’invasione russa dell’Ucraina, si trova ora a dover rispondere a nuove minacce alle sue infrastrutture strategiche, in un delicato equilibrio tra sicurezza, diritto internazionale e relazioni diplomatiche con la Cina.


